Qualche chiarimento sulla sentenza del Tar Lazio n. 13020 del 17 novembre 2015
Cari allievi,
avrete avuto notizia dell’emanazione da parte del Tar Lazio di una sentenza che riguarda AssoCounseling. Sul web stanno girando molti commenti inesatti e giuridicamente fasulli.
Ecco quindi una sintesi del contenuto della sentenza e dei suoi effetti nell’immediato.
La sentenza n. 13020 del 17 novembre 2015, annulla i provvedimenti impugnati e cioè:
- Inserimento di AssoCounseling nell’elenco delle associazioni professionali ex art.2 L.4/2013 (per intenderci la legge che ha regolamentato tutte le professioni non regolamentate);
- Parere del Consiglio Superiore della Sanità che prevede (l’ha detto questo organo, MAI AssoCounseling) che il counseling possa operare in caso di “lieve disagio psichico”;
- Le note del Ministero della Salute e del Ministero dello Sviluppo Economico che consentivano l’inserimento di AssoCounseling nell’elenco delle associazioni professionali ex art.2 L.4/13;
- Ogni altro atto relativo (è una formula di rito per ricomprendere qualunque provvedimento analogo ai precedenti eventualmente sfuggito all’impugnazione).
Dall’attenta lettura della sentenza, soprattutto nella parte finale, si evince quindi che gli effetti concreti di quanto deciso dai giudici del Tar Lazio sono:
- La cancellazione di AssoCounseling dall’elenco delle associazioni professionali rappresentative ex art. 2 L.4/13;
- L’annullamento della definizione dell’attività di counseling data dal Consiglio Superiore della Sanità che consente ai counselor di fare interventi in caso di lieve disagio psichico, perché, sostengono i magistrati Tar, “ il trattamento del disagio psichico (di qualunque entità) è attività sanitaria e quindi riservata per legge agli psicologi.
Fatte queste premesse si può innanzitutto affermare che la sentenza in questione NON DICE che il counseling è attività riservata agli psicologi, MA SOLO CHE la definizione di AssoCounseling e quella del Consiglio Superiore della Sanità evidenzierebbero aree di competenza sovrapponibili a quelle riservate agli psicologi.
La sentenza, inoltre, non diventa esecutiva finchè non passa in giudicato, cioè dopo 60 giorni dalla pubblicazione se non viene fatto ricorso (cosa che AssoCounseling farà sicuramente). Quindi per avere l’ultima parola dovremo aspettare la pronuncia del Consiglio di Stato.
Nell’attesa di aggiornarvi sulle prossime decisioni di AssoCounseling e sugli sviluppi della situazione è bene ricordare che:
non esiste attualmente alcuna legge né sentenza che abbia vietato l’esercizio della professione di counseling o che l’abbia vietato ai non psicologi. E ciò che non è espressamente vietato dalla legge è ammesso.
Non esistono a tutt’oggi sentenze di condanna per abuso di professione contro counselor che esercitavano solo il counseling, anzi sappiamo che il Tribunale di Lucca ha detto che “il counselor, che non può certo considerarsi alla stregua di uno psicologo, lavora, del tutto legittimamente e necessariamente, per la progressiva estensione della salute individuale, non più riconducibile all’assenza di malattia, ma comprensiva di una nozione molto più ampia di benessere psico-fisico che si può riassumere nel concetto di migliore qualità della vita”.